di Elisa Tagliaro Fortuna, avvocato del Foro di Vicenza e componente del Comitato Tecnico di Studio Geo.Val.Esperti
L’ordinanza n. 1990 depositata il 29.01.2020 – con la quale la Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione ha rimesso gli atti al Primo Presidente per la eventuale risoluzione, da parte delle Sezioni Unite, della questione concernente il termine processuale oltre il quale non risulta più possibile sollevare critiche alla consulenza tecnica – offre lo spunto per riflettere sulla figura del consulente tecnico e sulla natura della CTU.
La figura del consulente tecnico d’ufficio viene menzionata nell’art. 61 c.p.c., senza che ne sia data tuttavia una definizione chiara e puntuale; in generale, il CTU è un consulente che viene nominato dal Giudice laddove la decisione di una controversia non possa prescindere dalla risoluzione di una questione tecnica (si pensi ad una causa per danni causati da infiltrazioni d’acqua oppure alla quantificazione dei danni subiti a seguito di un incidente stradale). Trattasi, normalmente, di soggetti iscritti in appositi albi tenuti presso ciascun tribunale, i quali sono chiamati a rispondere ai quesiti formulati dal Giudice, previo giuramento da prestare nel corso di un’udienza fissata a tal fine.
Il CTU non va confuso con la figura dell’esperto ed in particolare con quella dell’esperto stimatore che viene nominato nell’ambito delle procedure esecutive immobiliari (trattasi, peraltro, di nomina relativamente recente, nata come prassi virtuosa ad opera di alcuni Tribunali verso la fine degli anni novanta).
L’esperto stimatore va qualificato come ausiliario del Giudice e trova la sua disciplina nell’art. 68 c.p.c.; tale ultima disposizione prevede la possibilità per il Giudice di farsi assistere da esperti in una determinata arte o professione per il compimento di atti che il Giudice stesso non è in grado di compiere da solo. L’esperto ben può essere visto, quindi, come una sorta di longa manus del Giudice, legato a quest’ultimo da un rapporto fiduciario per il compimento, in particolare, di operazioni materiali.
Passando, peraltro, a quelli che sono propriamente i compiti riservati alle due figure in esame, non può non essere ricordato che nell’esercizio delle sue funzioni, il CTU svolge le indagini che gli sono affidate dal Giudice, chiedendo chiarimenti alle parti o assumendo informazioni presso i terzi, senza dimenticare che non è così infrequente che il Magistrato incarichi preventivamente il CTU di tentare anche la conciliazione tra le parti stesse, le quali possono partecipare alle operazioni peritali da sole o con propri consulenti, presentare osservazioni scritte e formulare istanze.
Ben diversa, invece, risulta essere l’attività a cui è chiamato l’esperto e sulla quale si è pure espressa la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4919/2001, ove si legge che: “l’esperto non deve svolgere il suo incarico in contraddittorio con i consulenti delle parti, sia perché la sua nomina è un atto preparatorio alla vendita e la sua valutazione costituisce un dato meramente indicativo, che non pregiudica l’esito della vendita, sia perché il suo ausilio non viene chiesto dal G.E. per risolvere una controversia, ma soltanto per la liquidazione dei beni pignorati, cioè per l’esecuzione di una attività di tipo esecutivo tipicamente unilaterale”. Tant’è che ai sensi dell’art. 173 bis disp. att. c.p.c. “l’esperto terminata la relazione, ne invia copia ai creditori procedenti o intervenuti e al debitore … almeno trenta giorni prima …” dell’udienza fissata per la vendita, con possibilità per le parti di depositare note alla relazione “purché abbiano provveduto, almeno quindici giorni prima, ad inviare le predette note al perito …”; perito che presenzierà poi all’udienza fissata per la vendita al fine di rendere i chiarimenti del caso.
Ben diverso, invece, risulta essere il modo di operare del CTU.
Come noto, ai sensi dell’art. 195 c.p.c. (riformato dalla Legge 69/2009), al consulente nominato dal Tribunale viene demandato il compito di redigere una relazione scritta (c.d. CTU o consulenza tecnica d’ufficio) e di trasmettere la stessa alle parti nel termine stabilito dal Giudice con l’ordinanza resa all’udienza di giuramento del CTU. Ricevuta la relazione, le parti possono a loro volta trasmettere al consulente le proprie osservazioni (entro sempre i termini concessi dal Giudice con la suindicata ordinanza) e nel rispetto dell’ultimo termine assegnato dal Giudicante, il CTU dovrà depositare la relazione definitiva con le osservazioni delle parti ed una sintetica valutazione delle stesse.
L’articolo appena citato pare dunque porre delle preclusioni temporali ben precise all’attività del consulente nominato dal Tribunale ed alle osservazioni critiche che possono essere mosse, dalle parti, alla CTU (preclusioni che come detto, non valgono per l’esperto il cui ausilio viene chiesto per l’esecuzione di una attività di tipo esecutivo e che è tipicamente unilaterale).
E proprio il tema delle preclusioni temporali, ossia l’individuazione di un termine oltre il quale non risulta più possibile svolgere osservazioni critiche alla CTU, ha diviso e continua a dividere la giurisprudenza, così come ricordato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 1990 del 29.01.2020.
Con la predetta ordinanza, la Corte passa in rassegna, innanzitutto, le principali pronunce rese, ricordando:
– dapprima quell’orientamento giurisprudenziale definito “consolidato” per il quale “le osservazioni critiche alla consulenza tecnica d’ufficio non possono essere formulate in comparsa conclusionale – e pertanto se ivi contenute non possono essere esaminate dal giudice – perché in tal modo rimarrebbero sottratte al contraddittorio e al dibattito processuale”, contrapponendo poi
– l’orientamento minoritario, “secondo cui, invece, con la comparsa conclusionale la parte può svolgere nuove ragioni di dissenso e contestazione, avverso le valutazioni e conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, trattandosi di nuovi argomenti su fatti già acquisiti alla causa …” e
– richiamando la recente pronuncia della stessa Corte di Cassazione (sentenza n. 15418 del 26.07.2016), la quale opera una distinzione in relazione alla tipologia del rilievo mosso alla CTU dalla parte costituita e distinguendo, in particolare, tra contestazioni che concernono l’espletamento della CTU e contestazioni che riguardano il contenuto della consulenza (solo queste ultime, peraltro, potrebbero anche essere inserite, per la prima volta, in comparsa conclusionale, trattandosi di mere argomentazioni difensive) e rimettendo la questione al Primo Presidente affinché le Sezioni Unite vengano chiamate – se del caso – a chiarire “se le critiche alla consulenza tecnica possano essere sollevate per la prima volta in comparsa conclusionale” ed in caso di risposta positiva se l’ammissibilità delle contestazioni sia subordinata a una valutazione caso per caso del giudice e se la soluzione valga o meno per tutti i processi, anche per quelli instaurati dopo l’entrata in vigore della Legge 69/2009.
Indipendentemente da quello che sarà il risultato della rimessione della questione di cui sopra e che andrà inevitabilmente ad interessare le CTU redatte nei processi civili, rimane un dato incontrovertibile: ogni consulente tecnico d’ufficio è certamente un ausiliario del Giudice, chiamato – a prescindere dalle preclusioni in cui possono incorrere le parti processuali – a coadiuvare il Giudicante nella soluzione di questioni che necessitano di specifiche conoscenze. Diversamente, non ogni ausiliario del Giudice è anche consulente tecnico; così l’esperto stimatore nelle esecuzioni immobiliari, chiamato a far conoscere al Giudice lo stato del bene pignorato, oltre a consentirne la migliore allocazione sul mercato e che rimane dunque estraneo alla questione del “fino a quando” le parti processuali possano o non possano muovere osservazioni alla perizia.